giovedì 29 novembre 2012

LA FINE DEL MONDO



Non si contano più le previsioni catastrofiche che annunciano la fine del mondo o quelle che ipotizzano collisioni della terra con asteroidi più o meno grossi. Questo tipo di novello sport, da tempo sempre più diffuso, dovrebbe essere inserito nei prossimi giochi olimpici. Ma senza arrivare a previsioni così estreme basterebbero quelle che annunciano alluvioni o nevicate eccezionali, terremoti più o meno gravi, e così di seguito. Poi, senza che nessuno abbia lanciato nessun tipo di allerta, si abbatte su Taranto una tromba d'aria devastante aggravando i già numerosi problemi dell'ILVA, ai cui operai va tutta la mia solidarietà. Mi vien da pensare: "piove sempre sul bagnato". Sembra che scienziati, politici, amministratori facciano a gara a mettere le mani avanti per evitare che qualcuno possa dire: "nessuno ci ha avvertito, non abbiamo avuto la possibilità di metterci al riparo, salvare le suppellettili e noi stessi".
Tutti ormai sono autorizzati a dire la loro, anche in assenza delle necessarie competenze in merito, per prendersi la medaglia d'oro alla stupidità. Tutto ciò mi ricorda la storiella che circolava in azienda quando lavoravo. "L'ufficio acquisti progettava, la produzione amministrava i conti, l'amministrazione gestiva la produzione, la progettazione si occupava degli acquisti ......." cioè nessuno faceva il suo mestiere. La stessa cosa capita evidentemente anche in altri campi. Il risultato è una grande confusione. Soprattutto in questi momenti di crisi credo non faccia bene a nessuno salvo a chi trova giovamento a creare timori inesistenti e, per usare un termine volgare ma efficace, fare casino. Anche se non ci credo spero che la previsione della fine del mondo, che già qualcuno ha rinviato dal 21 dicembre prossimo a febbraio del 2013, avvenga veramente così facciamo piazza pulita e usciamo finalmente dalla crisi e ritorniamo tutti uguali, ricchi e poveri, istruiti e non, come recita la poesia del grande Totò che s'intitola " 'a livella ". Così anche quelli disoccupati, che sono tanti soprattutto fra i giovani, e quelli che aspettano da tempo una pensione potranno avere pari  dignità. In questo modo avrà termine anche la guerra infinita fra palestinesi e israeliani e tutte quelle esistenti al momento e finiranno finalmente gli affari delle aziende produttrici di armi, le uniche a non risentire della crisi economica. Ricordate il film di Alberto Sordi " finché c'è guerra c'è speranza "?
Aspetto adesso solo la prossima previsione catastrofica del veggente di turno per farmi tante risate.

sabato 17 novembre 2012

COME SARA' IL FUTURO DEL MONDO DEL LAVORO?

Ho partecipato recentemente a una discussione su uno dei tanti gruppi di discussione su Linkedin e ho espresso il mio parere, pensando soprattutto ai giovani che in questo momento si trovano in serie difficoltà a crearsi un futuro. Non ho la pretesa di esaurire l'argomento in due righe, ma la sintesi è questa:

"Cosa penso del futuro del lavoro fino al 2015? A giudicare dai discorsi di chi ci vorrebbe governare e che dice che Monti ha fatto solo disastri ...... anch'io la vedo nera, molto nera. A chi dice che i nostri figli sono dei bamboccioni o delle persone che non si accontentano, vorrei ricordare che nemmeno a lavorare gratis per uno o due anni, per farsi le ossa, si trova qualcuno disposto a prenderli. Fino ad oggi i soldi, a vario titolo, sono stati elargiti solo alle grandi aziende, mentre le pmi erano lo zoccolo duro dell'Italia. Oggi anche loro mordono il freno, si sono svuotate e non vogliono più rischiare. Non credo però che sia soltanto un problema di tasse o di soldi non elargiti. Il problema secondo me è molto più serio: mancanza di idee, di manager capaci, rinunciare a lottare per vedere la propria azienda andare avanti, di voler esagerare nei profitti, di assenza di etica professionale .... ma soprattutto MANCANZA DI FIDUCIA in persone attaccate alla sedia e al potere senza averne titoli e capacità. Non abbiamo un ricambio credibile alla politica che fino ad oggi ha rosicchiato fino all'osso le risorse disponibili. Con queste premesse è difficile credere in un futuro nei prossimi tre anni. I nostri figli dovranno mordere la polvere e la colpa sarà nostra che non siamo stati capaci di rinnovarci politicamente e industrialmente. Probabilmente non abbiamo ancora toccato il fondo, e in cuor mio spero che il buon senso, anche se in zona Cesarini, prevalga contro tutti gli egoismi di parte. Tuttavia le generazioni passate, con ben altro carattere che il nostro, sono riuscite a fare miracoli. Dovremo accettare tutti di fare una vita diversa per qualche anno, abbandonare schemi ai quali siamo stati abituati, e poi ripartire con molta umiltà gradualmente. Io ci credo ancora in quest'Italia ma dovremo sostenere altri sacrifici. Allora se questa crisi non è stata calcolata a tavolino per coltivare gli interessi di qualcuno (e in questo caso la ripresa dovrebbe essere più facile), prima o poi l'Italia, l'Europa torneranno a correre. Dovremo risolvere tanti problemi: la politica energetica, l'ecologia ambientale, i trasporti, l'insegnamento ........ e forse proprio da questi problemi troveremo la forza per ricominciare, ma tutti dovranno pagare le tasse e i furbi essere messi in condizione di non nuocere più. FORZA ALLORA ITALIA, CE LA PUOI FARE, FORSE PRIMA DI QUANTO IMMAGINIAMO."

domenica 2 settembre 2012

Riflessioni sulla lettera del cardinale Carlo Maria Martini

«CARI GENITORI, VI SCRIVO...»

"Avrete tempo per leggere anche questa lettera? Avrete un momento di calma per condividere qualche mia preoccupazione e considerare qualche mia proposta? Chi sa come è stata la vostra giornata? Forse dopo ore di lavoro non facile e non senza tensioni, avete affrontato il viaggio di ritorno a casa che è stato più lungo ed esasperante del solito per un ingorgo, per un ritardo, per un qualsiasi imprevisto; e per finire può essere che appena entrati in casa abbiate incrociato lo sguardo risentito della figlia adolescente per un permesso negato e l’irrequietezza del più piccolo con i suoi capricci e la scoraggiante approssimazione nel finire i compiti.


E io oso ancora disturbarvi...!"

Così inizia questa meravigliosa lettera del cardinale Carlo Maria Martini.
Se avete tempo leggetela per esteso, per me è un capolavoro.


http://www.famigliaviva.it/files/in_vacanza_con_la_lettera_del_cardinale_martini_al.doc


Ho sempre creduto nella famiglia, benedetta dall'arrivo dei figli, e non smetterò mai di pensare che questa istituzione sia la più importante della società. Senza questo pilastro siamo destinati a soccombere . Ovviamente nessuno può nascondere che sia facile costruire una famiglia, educare i figli e perseverare anche quando tutto sembra disgregarsi. Martini afferma queste difficoltà e ha ammirazione per il compito dei genitori, tanto affascinante quanto logorante. Ma l'apprezzamento va anche ai figli: anche per loro è difficile seguire regole, capire i genitori a volte troppo apprensivi che negano loro i più elementari bisogni di libertà. L'errore più frequente per noi genitori è quello di adottare gli stessi criteri educativi con i quali siamo stati allevati noi. Non esistono figli e comportamenti fotocopia, la realtà è in continua evoluzione e spesso noi siamo impreparati a questi mutamenti.   Oggi più che mai lo smarrimento dei giovani verso il futuro è preoccupante, è rischioso se, come dice lui, non si apprezza la vita come una vocazione.
Parole impegnative, pesanti come macigni, difficili da capire e accettare. La speranza lascia oggi troppo spesso il posto alla disperazione.
Non avrei mai pensato, io che mi sono sempre considerato una roccia, di arrivare ai 65 anni con una marea di dubbi, con un profondo senso di smarrimento, con una sempre crescente certezza di non essere all'altezza della situazione che cambia. Forse, pensandoci bene, può anche essere positivo accettarmi per come sono realmente e non come vorrei essere. Mi ha fatto bene leggere questa lettera di Martini adesso che sento il bisogno di spiritualità ma nello stesso tempo sono incapace di avvicinarmi a Dio. Mi sento indegno, il logorio della vita quotidiana, lo stress psicologico e non fisico mi ha profondamente depresso. Ho un carattere forte ma la paura di perderlo e di abbandonarmi è forte. Grazie al cielo ho mia moglie che mi sorregge. Anche lei è profondamente depressa ma la sua vicinanza, il sapere che mi ama, è una medicina insostituibile. Sento molto la vicinanza dei miei figli che adoro e che vorrei vedere felici, sicuri e con un futuro davanti. Ma spesso dimentico che ormai sono adulti e che la vita è loro e quindi sono loro che devono decidere come vogliono vivere. Vorrei poter tornare a pregare come quando ero ragazzo, a tornare alla messa domenicale ma .........!! Mi sono scoperto incredibilmente debole. Lascio a questo proposito di nuovo la parola a Martini per esprimere alcuni concetti che non saprei esprimere meglio:

"Vi invito a trovare il tempo per parlare tra voi con semplicità, senza trasformare ogni punto di vista in un puntiglio, ogni divergenza in un litigio: un tempo per parlare, scambiare delle idee, riconoscere gli errori e chiedervi scusa, rallegrarvi del bene compiuto, un tempo per parlare passeggiando tranquillamente la domenica pomeriggio, senza fretta. E vi invito a stare per qualche tempo da soli, ciascuno per conto suo: un momento di distacco può aiutare a stare insieme meglio e più volentieri."

Mi capita spesso di pensare agli anni trascorsi, quelli durante i quali sembrava che non ci fossero ostacoli e mi accorgo di tanti errori fatti che avrei potuto e voluto evitare. A volte penso di aver vissuto in un sogno, un bel sogno. Di sicuro guardandomi intorno ci sono tante persone che non hanno avuto nulla e che continuano a vivere nella sofferenza e nell'indigenza, i terremotati, tutti quelli che hanno perso ogni cosa in calamità naturali di ogni tipo. Spesso penso a loro e ringrazio Dio per tutto quello che ho avuto e che continuo ad avere, tuttavia il mio cuore si è indurito con il tempo, la pazienza si è affievolita e l'unica cosa a cui adesso penso è la mia famiglia, senza però avere ricette né soluzioni per un futuro a dir poco incerto. La rabbia nel vedere politici arroganti e impreparati a ricoprire il loro ruolo, che sprecano le risorse economiche e umane del nostro bel paese, industriali e commercianti che vivono alle spalle dei lavoratori è la ragione di questo mio malessere e la paura di non essere più capace a reazioni positive è tanta. La maleducazione e la prepotenza hanno raggiunto livelli impensabili e il pensiero di essere costretto ad adeguarmi per sopravvivere mi debilita.
La perdita del lavoro, la convivenza forzata di quasi vent'anni con mia suocera ormai novantunenne e malandata, l'assoluta inadeguatezza dei servizi assistenziali e sanitari per le persone anziane, la costante paura che lo Stato si possa mangiare i pochi risparmi di una vita, quello di non poter lasciare nulla ai miei figli, mi fa perdere sonno e serenità. Poi inattesa la notizia che diventerò nonno e un bagliore di speranza e di fiducia riappare improvvisa. Il desiderio di scappare, di lasciare questo paese che non offre più nulla, in balia di uomini corrotti e mafiosi, viene abbandonato in un estremo tentativo di riagguantare un barlume di fiducia.
Riuscirò in questo intento? Riuscirò a infondere fiducia in mio nipote? Riuscirò a  riappacificarmi con la Chiesa? Ah! Se ci fossero uomini di chiesa come il cardinale Carlo Maria Martini!



venerdì 10 agosto 2012

Vacanza a Molveno

Oggi 3 agosto mi sono svegliato presto. Ieri sera non ho chiuso completamente la serranda della porta finestra dell'hotel Ariston a Molveno, per consentire all'aria fresca di montagna di cullare il mio sonno. Esco carponi sul terrazzino della camera, cercando di non sbattere la testa, e mi incanto nell'osservare la vista del lago omonimo e le creste del gruppo Brenta che sovrastano, con la loro maestosità, questa ridente località turistica.
È presto per andare a fare colazione. Alle 7.15 le campane della chiesa di fronte all'hotel suonano allegramente ma non disturbano il sonno dei villeggianti e si integrano perfettamente con la pace che regna tutt'intorno. Adesso i raggi del sole stanno, a poco a poco, abbracciando dolcemente le case e gli alberghi, mentre gran parte del lago è ancora in ombra. Sono tornato nello stesso hotel 36 anni dopo e ho ritrovato la stessa gentilezza della prima volta.   Chi ha letto il mio libro "Aveva ragione papà" sa a cosa mi riferisco.  La piazzetta ai piedi del campanile ieri sera fino alle 23.00 era piena di bambini festanti, seduti per terra, mentre i loro genitori erano seduti sui gradini a semicerchio assistendo allo spettacolo di due giocolieri cabarettisti.
Le risa dei fanciulli di tutte le età coprivano ogni altro rumore alle battute dei due simpaticoni. La città di Trento non è molto distante e decido di fare una gita per visitare il suo splendido centro storico e la Piazza del Duomo. Lascio la macchina in periferia e prendo l'autobus n. 2 che mi porta esattamente dove volevo. Una breve passeggiata nelle vie del centro con l'acquisto di due ricordini e di nuovo in macchina verso Molveno. Mi faccio aiutare dal navigatore e mi ritrovo in una strada di montagna ripida e stretta scavata nella roccia. Al bivio avevo incontrato un segnale stradale "strada chiusa dopo il km... non ricordo bene". Se il navigatore mi segnala questo percorso vuol dire che prima del blocco mi farà prendere una deviazione. Continuo per un paio di km e confesso che la strada incute un po'  paura, ma lo spettacolo a valle è da mozzafiato. Incrocio una vettura che torna indietro e chiedo un consiglio. "Non c'è nessun bivio più avanti, le conviene fare inversione alla prima piazzola che incontra". Spengo il navigatore, per i percorsi di montagna non è affidabile. Dopo 36 anni anche Molveno è completamente trasformata, ma l'aria e il paesaggio del lago sono rimasti inalterati. A cena mi reco in un ristorante tipico, lo stesso della sera del mio arrivo. El Filó si chiama, tutto in legno allinterno con salette separate da graziose finestre e corridoio tipo Saloon. L'entrata, all'interno di un negozio di stoffe e di ricami, è veramente originale. Mi accorgo che le vetrine sono allestite diversamente dalla sera prima: che lo facciano ogni giorno?
Oggi 4 agosto il clima è più frizzante ma io sono di nuovo qui a scrivere il mio diario di viaggio sul terrazzino della camera. Sono le 7.30 e mi sento un papa.
Oggi è il momento giusto per una bella passeggiata, percorrendo uno dei tanti sentieri che partono da Molveno. Il più facile è meno faticoso è quello che collega questa bella località turistica alla Baita Ciclamino costeggiando il torrente Masso.
Una piccola sosta per sorseggiare un succo di mirtilli e poi di nuovo in marcia. Da lì, dopo una decina di minuti, si arriva a un bivio: a sinistra si raggiunge il Rifugio Malga di Andalo, nella Valle delle Seghe, mentre a destra il Rifugio Pradel, entrambi a circa 1360 m. Meno male che sono abituato a chiedere alle persone del luogo prima di fare le mie scelte. Per raggiungere il primo rifugio, dopo un tratto abbastanza tranquillo ma con una discreta pendenza, se ne deve percorrere un altro direttamente sulla roccia reggendosi a un cordone di sicurezza. Scelgo il secondo, ma dopo una camminata di venti minuti decido di tornare a valle. Io e mia moglie non siamo ben attrezzati e sul brecciolino si scivola che è un piacere. Ci aspetta a valle, quasi in prossimità del lago, il ristorante Il Caminetto dove ho gustato degli ottimi Canederli al sugo di Capriolo.
Un'altra breve passeggiata lungo il Parco attrezzato a bordo lago e siamo in hotel. La sera arriva in fretta. Nella piazzetta stasera c'è una rappresentazione folcloristica che riproduce scene animate e in costume di come era il vecchio mercato locale. Musiche e allegria che coinvolgono gli spettatori. Noi ce lo godiamo direttamente dal terrazzino della nostra camera al terzo piano.
Il 5 è stata la giornata delle camminate intorno ai 1400 m. La cabinovia ci ha portato da Molveno fino al Rifugio Brenta sul Pradel.
L'intenzione era di andare a vedere una manifestazione degli Alpini ......! Arrivati in tempo utile abbiamo seguito le istruzioni: "percorrere a piedi il sentiero lasciandosi il rifugio alla propria destra per 10 minuti: girare ancora a destra in direzione Molveno per altri 10 minuti e siete arrivati". Dopo 20 minuti di discesa, pensando a quando avremmo dovuto tornare indietro, ancora nulla. In compenso il panorama e i dintorni sono stupendi. Dopo aver chiesto ad alcune persone, che venivano nella direzione opposta, se avevano incontrato gli Alpini ed avendo avuto risposta negativa, decidiamo di tornare sui nostri passi. La salita si dimostra subito più ardua del previsto, ma alla fine arriviamo al Rifugio. Una sosta e una bibita rinfrescante e dopo un'ora decidiamo di risalire fino a una fattoria didattica alla Malga Tovre. Circa 100 metri di dislivello ma il primo tratto è molto ripido e scivoloso per via del fine pietrisco. La discesa si rivela più pericolosa della salita. Ci aspetta un bel piatto di spezzatino di capriolo e uno di gulasch con polenta al tavolo sulla terrazza del Rifugio, assai ben ventilata. Ancora una bella passeggiata tranquilla verso il Tovo dell'Orso. Tutto il sentiero è in ombra e pianeggiante, e quando diventa impervio torniamo alla cabinovia. Veramente una bella giornata. Oggi 6 agosto decidiamo di fare una gita all'interno della Val di Non. Osservare i filari dei meli colmi fino all'inverosimile di frutti è sempre uno spettacolo meraviglioso.
Passando per Mezzolombardo arriviamo a Clès, dove facciamo una sosta. Mangiamo e ci avventuriamo in un mercatino dove facciamo alcuni acquisti. Non c'è nulla da fare: per mia moglie i mercatini sono peggio di una calamita, viene attratta inconsapevolmente. Da lì ci dirigiamo verso Madonna di Campiglio, Pinzolo, Carisolo (da dove si entra nella Val Genova, che visiteremo nei prossimi giorni), e arrivati a Tione di Trento risaliamo verso Molveno. A parte la pioggia, che non ci ha impedito di visitare le località, è stata una bella giornata che ci ha ricordato una gita simile fatta 36 anni fa. Ma la giornata non è ancora finita. Alle 21.00 torniamo a cenare al ristorante El Filò; sta diventando una piacevole abitudine, cibi gustosi e leggeri in un ambiente caratteristico e familiare. Incredibile! Le vetrine sono allestite ancora in modo diverso. Non c'è dubbio, le cambiano ogni giorno. Quando usciamo l'aria è pungente e non ci va di tornare in hotel. Ci attardiamo a curiosare le vetrine dei negozi che alle 22,30 sono ancora aperti. Chi l'avrebbe detto, dopo l'acquazzone di ieri oggi 7 agosto ci siamo svegliati con un cielo terso e qualche nuvola sparsa qua e là. È il momento di approfittarne per andare ad Andalo e prendere la cabinovia e salire sulla Cima della Paganella. Dopo il primo tronco ci aspetta una seggiovia per salire fino ai 2120 m. L'aria è pungente ma è piacevolissima e il sole picchia forte sulle nostre teste. Meno male che ci eravamo spalmati volto e braccia con una crema antisolare al 50% di protezione. Nel punto panoramico a sud si riesce a vedere il lago di Garda e quello più piccolo di Cavedine.
Il tempo regge anche se si è alzato un po' di vento. Abbiamo mangiato al Rifugio alpino La Roda dove mi sono fatto onore: Tortel di patate, risotto di mirtillo, strapazzatine di uova con patate e speck, caffè. Ci siamo intrattenuti con i nostri vicini di tavola, una famiglia di Padova e una di Modena, entrambe stupefatte della mia voracità, quasi obbligata per consentire a mia moglie di assaggiare un po' di tutto. Non fa nulla, ci sono abituato. Del resto a questa altitudine camminando fra discese e salite ho già smaltito. Prendiamo la seggiovia e ci fermiamo camminando ancora fino al punto di ristoro Malga Zambana.

Sono le 15.00 e tra poco ci accingiamo a percorre, a piedi, il tragitto per arrivare alla stazione della cabinovia per scendere di nuovo ad Andalo. Ammazza come picchia il sole! Siamo di nuovo ad Andalo ..... e indovinate un po' ? Si va per shopping. Bei tempi quando si andava in montagna a respirare aria buona. Nei centri dei paesi ci sono più auto che villeggianti e l'aria in centro non ha nulla da invidiare alle grandi città. Solo quando ci si addentra nei sentieri si comincia a respirare e ad avere un po' di pace. Ma purtroppo non sempre è così. Che grande fregatura il progresso! Alle 18:30 siamo in albergo. Stasera si cambia e si andrà a cenare in un ristorante che si chiama La Botte. Chi cambia la strada vecchia per la nuova sa quel lascia ma non sa quel che trova: infatti non siamo andati al di là di una pizza, anche se era buona ed abbondante ....... ma domani sera all'Antica Bosnia finalmente mangeremo una ricetta tradizionale "costolette di cervo al mirtillo".  Di buon mattino dopo aver fatto colazione oggi 8 agosto siamo partiti da Molveno per andare a visitare la Val Genova. Si arriva a Carisolo, sulla strada che da Tione di Trento porta a Madonna di Campiglio, e si gira a sinistra addentrandosi con l'auto fino ai parcheggi a pagamento. Da qui c'è una navetta gratuita che si addentra ulteriormente fino al Ponte Santa Maria a 1164 m. Già qui ci sono innumerevoli sentieri per chi vuole farsi belle camminate. L'alternativa è prendere un altro autobus che con 3 euro a testa consente di arrivare fino all'ultima stazione. Tutto il percorso, da quando si lascia Carisolo, è di circa 17,5 km. Quante cose sono cambiate dall'agosto del '76! In quel periodo non c'era tutta questa organizzazione, che forse è stata necessaria per affrontare il turismo di massa. Il servizio di navetta è stato introdotto circa 14 anni fa e la strada di conseguenza è stata migliorata per consentire il trasporto dei turisti. Chiaramente la Valle ha perso un po' di poesia ma il suo fascino resta inalterato, soprattutto se si abbandona la strada per addentrarsi nei sentieri che tagliano la vegetazione. Dopo essere scesi all'ultima stazione abbiamo camminato per circa 30 minuti, salendo fino alla Malga Bedole (1584 m) dove pensavamo di pranzare. La matematica e il tempo sono relativi: le distanze non sono espresse in km ma in tempo di percorrenza. Ad esempio 15 minuti di cammino possono diventare 45 minuti se l'informazione la chiedi a un montanaro locale. Il tempo non si misura in minuti ma in frazioni di ore. L'ambiente della Malga non ci piaceva. È un classico. Quando non c'è concorrenza gli esercenti se ne approfittano. Decidiamo di tornare sui nostri passi. Riprendiamo la navetta e ci fermiamo più in basso dove troviamo il ristorante Stella Alpina. Ottima scelta. Gentilezza e cibo prelibato, tutto condito da un paesaggio straordinario e da un venticello che ci rinfresca.
Lo stufato di cervo con le bacche di ginepro è veramente gustoso e le porzioni abbondanti: insieme ci hanno servito polenta taragna, un triangolo di formaggio alla piastra, un canederlo e una salsiccia.
Decidiamo di scendere a piedi e di arrivare fino alla Malga Caret, poco distante dalla fermata della navetta. Scendiamo alla fermata prima delle cascate del torrente Nardis per poterle osservare da vicino.
Gli schizzi dell'acqua ci rinfrescano bagnandoci un po' il volto. Proseguiamo a piedi fino al parcheggio. Sulla strada del ritorno ci fermiamo alla cooperativa di San Lorenzo in Banale, ma la loro specialità, le ciuighe, è strettamente collegata alla produzione delle rape e quindi la loro vendita è prevista da inizio ottobre fino ad aprile. La ciuiga è infatti composta da carne suina macinata ed amalgamata proprio a questo ortaggio.
Tornati a Molveno andiamo a gustare le "costolette alla griglia di cervo con marmellata di mirtillo". Alle pareti del ristorante Antica Bosnia sono appesi innumerevoli quadri di fotografie d'epoca di Molveno dove scopro che la chiesa vicino all'hotel Ariston fu distrutta da un incendio a ottobre del 1976, cioè due mesi dopo la nostra vacanza.
Oggi 9 agosto decidiamo di andare a Merano. Bella passeggiata all'insegna dello shopping. Mangiamo nel centro storico, ignorando che la bresaola con le scaglie di parmigiano costasse di più dello stufato di cervo. Proseguiamo lo shopping a Bolzano dove finalmente mia moglie trova quello che cercava da tempo. La giornata si conclude con una bella cena nel ristorante panoramico Alexander di Molveno, dove avevamo prenotato un tavolo sulla veranda con vista sul lago. A metà cena veniamo colpiti da un temporale che non ci impedisce di continuare a mangiare perché riparati sotto un gazebo, ma senza l'ombrello, datoci in prestito, saremmo arrivati al nostro hotel bagnati come pulcini. Era la prima volta che lasciavo lo zaino con gli ombrelli in albergo. Come volevasi dimostrare.
Oggi 10 agosto giornata molto tranquilla. Due giorni fa ero stato in biblioteca per andare a visionare una collezione di vecchie fotografie di Molveno per ricostruire alcuni ricordi di 36 anni fa. E così tramite il bibliotecario mi sono messo in contatto con un signore che proprio la domenica della nostra partenza avrebbe allestito insieme al Comune una mostra di foto intitolata "Molveno passato e presente". Questa mattina è venuto a trovarmi in hotel e abbiamo visionato in anteprima alcune foto sul suo portatile. Da una prima ricostruzione ho avuto le conferme che cercavo. Dopo aver preso l'auto ci siamo recati al Parco Faunistico di Spormaggiore, a una decina di km da Molveno, dove abbiamo intravisto in lontananza un orso mentre si abbeverava ad un torrente.
Abbiamo anche visto tre lupi e altri animali da fattoria. Prima di rientrare a Molveno abbiamo pranzato nel vicino ristorante del Parco. È seguita una tranquilla passeggiata nel parco di Molveno a bordo lago, interrotta ogni tanto da una pioggerellina un po' fastidiosa. Ci sono delle aiuole fiorite molto variopinte alle cui estremità due piccoli aceri allungano i loro rami quasi a proteggere i fiori multicolori, senza alterare la bellezza delle aiuole. Stasera si ritorna per cena al ristorante El Filò, ma questa volta è d'obbligo portarsi lo zaino con gli ombrelli che naturalmente non abbiamo usato. La tecnica per far piovere è lasciarli in hotel! Domani 11 agosto è l'ultimo giorno di vacanza. Mia moglie mi dice: "non sono mai stata in Val di Fassa". È per me l'occasione di fare un salto indietro di 45 anni; la mia prima vacanza da solo con la mitica Fiat 500 che mio padre mi aveva regalato a Natale. Io e altri due amici ci recammo a Campitello di Fassa. Ho rivisto gran parte dei posti che visitammo allora. Un'emozione incredibile, soprattutto quando ci siamo recati al Lago di Carezza, incastonato nella fitta foresta ai piedi del Latemar.
I colori del lago sono veramente unici. Ma mi veniva quasi da piangere quando sono tornato al lago Fedaia passando dall'omonimo passo. A 20 anni partimmo, zaini in spalla, io e il mio amico dall'hotel di Campitello fino alla seggiovia (che oggi è una cabinovia) Belvedere di Canazei e poi a piedi, costeggiando il pendio, fin sopra il lago Fedaia che raggiungemmo scendendo a salto di stambecco. Raggiungemmo la seggiovia situata dopo la diga, che ci portò fin sopra al ghiacciaio della Marmolada.
Più di 13 ore di cammino di buon passo tra andata e ritorno. Sulla strada del ritorno io e mia moglie ci siamo fermati a Moena prima di rientrare definitivamente a Molveno. La vacanza è finita e l'indomani mattina partiamo per rientrare a Torino. In prossimità di Bergamo ci guardiamo negli occhi e il desiderio di rivedere la città alta è molto forte. Anche qui tanti bei ricordi di quando vivevamo a Brescia fra il '74 e il '78.
Ancora un'ora e mezza e saremmo tornati a casa. Grazie ai miei figli e a mio genero tutto questo è stato possibile per non lasciare sola mia suocera.

venerdì 13 luglio 2012

Il lavoro per tutti non è un sogno

Ogni giorno mi chiedo se vale veramente la pena di seguire le notizie, leggendo i giornali o guardando la televisione. La sensazione è che facciano a gara nel prenderci in giro. L'altalena settimanale di affermazioni e smentite, oltre a confonderci la mente, creano disaffezione nei confronti dei mezzi di comunicazione e della politica. Non parliamo poi delle statistiche, che frazionano l'essere umano come fosse una torta. Si legge che la crisi economica ha raggiunto livelli "globali", ma non si capisce di quale crisi si tratti: se delle banche, dell'industria o delle famiglie che hanno difficoltà sempre crescenti a sbarcare il lunario. Spesso queste crisi sono generate solo da persone senza scrupoli. Non può esserci miglioramento nella Società se il lavoro non è garantito a tutti secondo la professionalità di ciascuno. Non è solo perché il concetto é espresso nel primo articolo della nostra Costituzione, ma è soprattutto perché in questo modo tutta la Società, la Nazione ne beneficia e cresce. La mancanza di un reddito adeguato crea disfunzioni sociali e malcontenti che non sappiamo a quali conseguenze porti nel medio e lungo periodo. Non mi sembra di dire delle novità. Il lavoro a tempo determinato o altre forme di contratti atipici, favoriscono solo le aziende senza creare stabilità sociale. Se chi procura lavoro pensa solo e soltanto ai propri interessi personali, anche se legittimi, e non valuta anche l'aspetto sociale di questo meccanismo, prima o poi sarà fautore anche del suo fallimento. Chi ci governa dovrebbe valutare molto più attentamente questo fenomeno, parlandone di meno e facendo più fatti concreti. I sindacati parlano, parlano, ma anche loro ripetono frasi fatte e si comportano allo stesso modo da anni senza modificare nulla del loro atteggiamento ottocentesco. Le grandi industrie sono lasciate libere di fare i loro comodi a spese dello Stato e a scapito dei lavoratori. E il mio pensiero va diritto agli ultimi eventi che riguardano una grande industria italiana che rischia di sparire dal nostro territorio. Il lavoro per tutti, secondo le proprie capacità, quindi, dovrebbe essere il primo impegno di ogni saggio governante per realizzare questo sogno.

sabato 7 luglio 2012

Gli errori non sono demoni

Sono convinto che gli errori, piccoli o grandi che siano, se riconosciuti dalla persona che li commette, aiutano a crescere e a maturare. Per questo non si devono demonizzare e non devono nemmeno essere occasione di complessi di colpa eccessivi. Una vita senza errori sarebbe una noia mortale, la loro presenza ci rende tutti più umani. È strano come solo le persone che non ammettono di aver commesso errori siano proprio quelle che ne hanno fatti di più. Certo non bisogna cullarsi sul fatto che “errare humanum est”. Chi non mette tutto se stesso, tutta la sua buona volontà per evitare gli errori è solo perché  vuole costruirsi alibi e fare quello che vuole. Quindi evitiamo di giudicare le persone che sbagliano, perché quasi mai conosciamo i veri motivi del loro comportamento. Spesso è difficile perdonare e costa molto, ma chi sa amare sa anche riconciliarsi con chi ha sbagliato e si è pentito sinceramente. È importante però sapersi perdonare da sé stessi ed evitare che un errore sia origine di altri errori in una spirale che può avere anche conseguenze drammatiche per sé e per gli altri. Non sono uno psicologo e quindi non voglio fare un trattato su questo argomento. Il mio vuole essere solo uno spunto di riflessione. Non confondiamo però gli errori umani con i crimini: questa è un’altra storia.

martedì 5 giugno 2012

SGUARDI

Mi sento straniero nella mia città, straniero tra la gente.
Sguardi intorno a me, sfuggenti, indifferenti.
Sono combattuto, a volte insofferente.
Non c'è entusiasmo, non c'è passione, non c'è vera comunicazione.
Vien voglia di partire, fuggire: sono straniero tra la gente che spadroneggia
nella mia città, penso di aver perso la mia identità.
Intorno a me sguardi arroganti, un'invasione di sguardi e, isolato, indifeso,
emarginato, penso non ci sia soluzione a questa confusione, né rispetto, né
diritto, né lavoro, né integrazione.

Perché restare, perché lottare, mentre tutto è lasciato all'improvvisazione,
alla sopraffazione, all'ingiustizia?

Sono straniero tra la gente, sono straniero nella mia città.
Sguardi vuoti, senza espressione
Non c'è entusiasmo, non c'è passione, non c'è vera comunicazione.

Uno sguardo innamorato mi fa dimenticare la realtà, mi fa sperare che esista
una possibilità. L'incertezza del futuro svanisce in quello sguardo intenso,
non c'è bisogno di parole per ricordarmi che in fondo il mondo è bello, immenso.
Abbraccio mia moglie in silenzio, la bacio e con tono pacato le sussurro,
come quel 5 dicembre di 40 anni fa, ti amo.

Daniele Bertini
giugno 2012

UNA LUCE

UNA LUCE

S'illumina il tuo volto
dinnanzi a un magico tramonto
Sei radiosa
mentre ammiri quel bocciolo di rosa
Vedo i tuoi occhi brillar
se mano nella mano passeggiamo in riva al mar
E una luce calda e misteriosa circonda il tuo sorriso,
ci avvolge e illumina il cammino sul sentiero della felicità
A piccoli passi Amore andiamo insieme per l'eternità

Daniele Bertini
dicembre 1996

lunedì 28 maggio 2012

Dal mio libro "Aveva ragione papà". Riflessioni sul licenziamento

Marco aspettò la mia telefonata per tutto il giorno seguente, ma non lo chiamai. Pensò che non avessi voglia di cenare con lui perché la ferita bruciava ancora e probabilmente preferivo rimanere a casa con mia moglie e i figli. Invece improvvisamente il giorno successivo il cellulare di Marco squillò.
“Marco. Tutto bene”?
“Sì, aspettavo la tua telefonata ieri e cominciavo a pensare che non sarebbe mai arrivata”.
“Che cosa dici. Non potevo lasciarti partire per Milano, senza rivederti”.
“Ne sono felice”
“Invece di andare al ristorante, Chiara gradirebbe che tu venissi a cenare da noi”.
“Molto volentieri”.
Il campanello della porta suona e mia moglie apre, trovandosi a tu per tu con un gigantesco e coloritissimo mazzo di fiori. Marco fa capolino tra i fiori...
“Che gioia rivederti Chiara dopo tanto tempo”.
“Che fiori meravigliosi. Ti sei ricordato che mi piacciono tanto eh!”
“Come avrei potuto dimenticarlo. E i vostri ragazzi?”.
“Sono usciti con gli amici come fanno spesso. Ho preparato una ricetta che, se non mi ricordo male, è la tua passione”.
“Davvero? Lasciami indovinare”. Due secondi per fare mente locale, poi, con l’indice della mano destra alzato, rivolto verso di lei esclamò sicuro.
“Coda di bue alla vaccinara”.
“Proprio quella. Contento?”
“Sicuro. Tu hai sempre cucinato piatti con gusti molto particolari, originali”.
In cucina e nella biblioteca, su in mansarda, mia moglie ha una collezione di libri di ricette comprati in ogni parte del mondo dove abbiamo viaggiato, roba da far invidia a un cuoco professionista. Le caratteristiche della sua cucina sono la fantasia, l’amore con cui guarnisce i piatti e la passione nel cucinarli. I cibi, prima ancora di assaporarli con la bocca, vanno gustati con gli occhi.
“Marco, ti presento mia madre. Da due anni vive con noi”. La mamma di Chiara non poteva più restare da sola a Roma, da quando era rimasta vedova qualche anno prima. Le sue condizioni di salute erano peggiorate, ma soprattutto non riusciva a comunicare per telefono perché la sua sordità era aumentata di molto negli ultimi tempi. La sua presenza è silenziosa: non riesce a partecipare alla conversazione. Ogni tanto, però, ama raccontare alcuni brevi episodi della sua vita e perfino qualche vecchia barzelletta per far capire ai presenti che c’è anche lei. Come non capirla! Il suo viso, ma soprattutto i suoi occhi brillano quando le persone intorno a lei la ascoltano e ridono, facendole capire che apprezzano i suoi aneddoti. Io e i figli ci siamo abituati a parlarle con l’alfabeto muto, mentre Chiara preferisce comunicare con lei scrivendo su pezzetti di carta. Il fratello di Chiara, nove anni in più di lei, è partito molti anni fa per andare a lavorare all’estero e adesso si è radicato in Brasile. La sua lontananza è spesso motivo di malinconia per l’anziana mamma. La serata passa veloce e serena, parlando di tante cose e Marco evita di parlare degli ultimi tristi avvenimenti. Io sembro essere ritornato al periodo del nostro primo incontro a Francoforte. Amo sempre parlare di me e delle mie avventure d’infanzia, soprattutto alcune che mi sono rimaste nel cuore. Gli amici mi apostrofano con un soprannome strano. Mi chiamano “Catastrofix” per quel mio modo di vedere sempre tutto nero; ma non è mica vero. Io spesso gioco su questo e accentuo il mio atteggiamento negativo per provocare la loro reazione.  Seduto nello scompartimento del treno che lo riporta a Milano, alla fine della sua permanenza a Torino, Marco ripensa a tutto quello che ha sentito e visto e non si dà proprio pace. Era contento di avere rivisto me e Chiara. Il treno ha un sussulto, si ferma, è già arrivato alla stazione di Milano. La confusione delle persone che prendono i bagagli per scendere interrompe i suoi pensieri.  Quella notte Marco non riesce a prendere sonno. Il mio licenziamento gli aveva affollato la mente con una marea di riflessioni. Pensava in silenzio, mentre sua moglie dormiva, a come poteva essere possibile che una persona così coscienziosa, amante del proprio lavoro, profondamente onesta fosse stata trattata in quella maniera. La prima cosa che gli venne naturale pensare fu:
“Se fosse capitato a me! Che reazione avrei potuto avere”! La mia famiglia sarebbe stata altrettanto comprensiva”? Una marea di dubbi cominciò ad assalirlo. Poteva stare tranquillo o doveva cominciare a guardarsi le spalle! Aveva già letto cronache di licenziamenti di dirigenti, ma non ci aveva mai fatto caso prima. Adesso che era stato colpito un suo amico che conosceva bene, che stimava, quella vicenda assumeva un contorno completamente nuovo, preoccupante. Il suo comportamento in ufficio cambiò profondamente. Non poteva permettersi il lusso di commettere errori. Lui aveva pressappoco la mia età ma ciò non gli impedì di iniziare a cercare altre possibilità d’impiego. Tutta questa storia era incredibile. Parlando con sua moglie discutevano sul fatto che né i giornali, né la televisione avessero menzionato la notizia. Si domandavano:
“Forse è troppo presto. È appena successo”.
Nei giorni successivi fecero maggior attenzione e scoprirono che un laconico messaggio di solidarietà era apparso su alcuni quotidiani.  Niente di più. Nel contratto dei dirigenti non ci sono salvaguardie, le aziende possono fare quello che vogliono.
Come deve essere stato diverso il mondo del lavoro negli anni della mia giovinezza e della mia maturità! Ho qualche vaga reminiscenza dei racconti che mi faceva mio padre sull’argomento, anche se non riuscivo a riflettere troppo su quanto ascoltavo allora. Solo all’inizio della mia attività lavorativa affrontavo questi temi con alcuni giovani colleghi e con amici più grandi di me con una certa esperienza lavorativa. Dicevano:
“Se volevi vivere tranquillo dovevi cercare un impiego nello Stato: il posto sicuro per eccellenza. Nessuno poteva mandarti via. Nelle aziende private invece poteva essere possibile che questo accadesse, anche se con bassissime probabilità. Avresti dovuto combinarne di grosse perché ti succedesse qualcosa. In una grande azienda, con centinaia di migliaia di dipendenti, è come se fossi stato assunto nello Stato”. Mi capita spesso di ripensare ancora oggi ai periodi della mia giovinezza e mi rivedo bambino, con il mio carattere fragile e insicuro, e poi ragazzo, determinato ma sempre pieno di complessi.
Il paradosso era che avevo sempre accettato il mio carattere perché in fondo avevo imparato a convivere con le mie piccole difficoltà. Che importanza aveva se ero timido e non riuscivo a parlare con una ragazza senza diventare paonazzo, o non riuscivo a far valere le mie ragioni. La cosa importante era quella di essere me stesso, di non voler a tutti i costi apparire diverso da com’ero in realtà.
Se solo avessi immaginato che molti ragazzi della mia età erano così, forse i miei complessi si sarebbero sgonfiati come un pallone appena bucato. Trovare fiducia in me stesso è stata una conquista giornaliera, facendo tesoro degli insuccessi incontrati. La mia graduale trasformazione, vissuta intensamente fin dai primi anni della mia vita, ha temprato il mio carattere e tenuta viva la memoria della mia fanciullezza fino ad oggi.
L’educazione ricevuta, la consapevolezza dei miei limiti, la fiducia che riponevo nel prossimo, la certezza che la vita non fosse poi così complicata come me la dipingevano, mi ha sempre protetto dagli atteggiamenti presuntuosi ed egoistici, e dal vantarmi dei successi quando riuscivo a raggiungerli.
Questi lati del mio carattere, insieme all’amore per la natura e la musica, mi hanno sempre aiutato e mai ostacolato... ma fino a quando? Sarebbe stato sempre così? Prima o poi avrei dovuto cedere anch’io? E in che misura? Sarei stato capace di rendermi antipatico a qualcuno? La vita è sempre piena di sorprese e di imprevisti dietro l’angolo. Ma procediamo gradualmente.
Mi capita spesso di rivedermi bambino, specialmente in quei momenti in cui la tristezza, la paura e i dubbi mi colgono di sorpresa pur nella granitica convinzione di aver operato nel giusto. Ripenso ai momenti in cui ho preso decisioni e cerco d’immaginarmi come sarebbe stata diversa la mia vita. Potevo diventare un musicista, magari uno scrittore, chissà.
Non è un esercizio inutile. Spesso ripensare alla propria esistenza aiuta a essere genitori migliori, a qualunque età. Nessuno ha influenzato le mie scelte, ma nemmeno mi ha indirizzato verso attività artistiche.

domenica 13 maggio 2012

A proposito di televisione

Siamo arrivati quasi a metà maggio, periodo in cui ci si domanda:"ma per quale ragione dovrei continuare a pagare il canone Rai?" Infatti da adesso e fino a settembre inoltrato la Rai ci ripropone repliche fino alla nausea. Forse i dirigenti Rai dimenticano che non tutti vanno in vacanza per quattro mesi, e chi resta avrebbe il sacrosanto diritto di distrarsi con qualcosa di nuovo sia impegnato sia divertente. E invece no; ci fa rivedere programmi già visti centinaia di volte. Verrebbe la voglia di prendere il televisore e gettarlo dalla finestra. Così fra repliche nauseabonde e pubblicità scadente e ripetitiva a tutte le ore del giorno e spesso volgare, hanno la faccia tosta di dire che la Rai è un servizio pubblico efficiente. È l'ennesima presa in giro perpetrata ai danni dei contribuenti senza un minimo di valore aggiunto apprezzabile. La maestra che fa la poliziotta, il commisario di Vigata, quello immerso nella nebbia, il prete poliziotto e chi più ne ha più ne metta. Non basta il canale digitale destinato alle repliche o a chi si è perso qualche puntata. Anche i programmi interessanti o le fiction divertenti o i giochi a premi, a lungo andare stufano. Mi piacerebbe ci fosse più trasparenza della fine che fanno i nostri soldi. Il canone dovrebbe essere ridotto e incentrato non su tutto l'anno ma su otto mesi. 

sabato 5 maggio 2012

Non uno, ma due passi indietro

In un’Europa in cui la disoccupazione sta diventando cronica tutti noi dovremo riflettere su quello che sta succedendo. Nessuno ha la sfera di cristallo magica per scrutare il futuro, ma qualche considerazione lasciatemela fare. Non sono un economista e nemmeno un professionista della politica, non sono uno scienziato bensì un cittadino di media cultura come ce ne sono tanti. Oggi posso dire di aver vissuto in un’epoca d’oro anche se qualche anno fa ho anch’io avuto i miei problemi ( vedi i post precedenti ). Dobbiamo convincerci che per un tempo indefinito dovremo cambiare marcia. Le multinazionali non hanno fatto una gran bella figura e qualcuno in tempi non sospetti aveva denunciato che la crescita eccessiva di queste società sarebbe stato un problema. Hanno monopolizzato, alcune in modo fraudolento, i soldi troppo facilmente elargiti dalle banche impedendo che risorse finanziare venissero date a piccoli e medi imprenditori virtuosi. La ricerca e l’innovazione si è concentrata solo su pochi prodotti e ha impedito che la fantasia creativa del popolo potesse esplodere. Gli italiani da sempre ne hanno avuto tantissima, ma è stata poco sfruttata. Torniamo a far crescere la nostra creatività per ricominciare ad essere imprenditori di successo. Non si deve secondo me lasciare solo alle banche valutare la bontà di un “business plan”. Ci dovrebbe essere un Ente di controllo deputato a valutare il corretto operato delle banche in tal senso. Qualcuno mi potrebbe dire: “esiste già”. Allora cerchiamo di farlo funzionare meglio. Bisogna creare un circuito virtuoso in cui se alcune aziende vengono colpite dalla crisi perché i loro prodotti sono fuori mercato, ci dovrebbero essere altrettante aziende capaci di assorbire in toto o in parte il personale in esubero. Inoltre un paese che non investe una percentuale importante del proprio Prodotto Interno Lordo in formazione è destinato a scomparire. L’istruzione per troppi anni è stata martoriata e la sua decadenza sia a livello scolastico sia universitario ha creato solo disoccupati. Aprire l’Università a tutti non dico sia stato un errore, ma non è stata una manovra gestita come si sarebbe dovuto. La maturità è stata addirittura svilita, tanto che adesso io non capisco perché continui ad esistere con tutti i costi che gravano sullo Stato. Torniamo per qualche anno alle origini, sviluppiamo l’agricoltura e l’industria collegata, l’artigianato locale, il turismo e tutto quello che un tempo era il nostro orgoglio. Cose che abbiamo lasciato per la grande azienda metalmeccanica con il miraggio di una vita migliore. Superiamo questo difficile momento e poi potremo riprendere a correre, ma con l’esperienza di oggi. La crescita dei prodotti è stata sostituita dalla finanza di gente senza scrupoli dimenticando che scelte sbagliate in questo campo portano alla rovina. Diamo sfogo alla nostra fantasia creativa, soprattutto dei giovani. Crediamo di più in loro perché potrebbero insegnarci molte cose. Al posto della maturità diamo loro la possibilità di fare delle tesine su cosa vorrebbero fare, su quali prodotti investire ed aiutiamoli, se non tutti, almeno chi se lo merita ad andare per la strada che loro stessi hanno tracciato. Creare fiducia vuol dire molto. Oggi molti stentano a partire perché sfiduciati, oltre alle difficoltà oggettive.   

Spegniamo la politica

La prima definizione di “politica” risale ad Aristotele, cioè l’amministrazione della  città (polis) per il bene di tutti. Governare una città, una nazione dovrebbe essere una missione, mentre oggi rappresenta solo un modo per arricchirsi attraverso il potere. Di per sé diventare ricchi non è malvagio ma, ahimè, lo diventa quando lo si fa a spese degli altri. L’interesse comune dovrebbe essere il motore che spinge una persona a governare. Oggi tutti noi abbiamo fatto indigestione di politica, soprattutto di cattiva politica. I Midia sono responsabili di questa pantagruelica abbuffata che ci riduce a degli automi: si mangia e a pranzo e a cena si guarda il telegiornale, i comizi ( che non sono più quelli di una volta), togliendo il piacere di una sana conversazione in famiglia. La sera tardi si vedono numerosi talk show, dove improvvisati e spesso inadatti opinion leader dicono la loro prendendosi spesso a male parole e a volte a cazzotti. Potrei proseguire ma mi fermo qui proprio perché è ora di spegnere la politica. Ci sta rovinando l’esistenza e tutti noi siamo un poco masochisti continuando ad interessarci di notizie senza poter far nulla per cambiare la situazione. Questo non vuol dire che non dobbiamo coltivare una nostra idea o ideologia ( che sembra morta e defunta ). Leggiamo di più i quotidiani, informiamoci in altro modo ma spegniamo la politica come immagine televisiva. Sembra quasi una malattia: tutti fanno a gara per apparire sul piccolo schermo, ogni giorno, più volte al giorno dicendo sempre le stesse cose e nemmeno intelligenti. Alla fine il risultato è quello al quale stiamo assistendo, cioè la formazione dell’antipolitica che di per sé è deleteria e pericolosa. Prima ci lamentavamo di essere poco informati, adesso la quantità dell’informazione è aumentata fino al parossismo ma la sua qualità è pessima e questo è controproducente. Non si parla d’altro e la nostra informazione, quella vera, continua a essere scarsa, superficiale. Meditiamo per non essere ingoiati da questo mostro che sta entrando troppo nella nostra vita.