giovedì 31 ottobre 2013

ADRIANO OLIVETTI - UN IMPRENDITORE DA IMITARE

Fin da quando lavoravo in azienda ho solo e soltanto sentito il top management parlare di risultato economico dell'anno in corso e raramente affrontare il futuro come faceva Adriano. Se non si riusciva a raggiungere l'obiettivo economico nell'anno solare l'unica soluzione erano tagli al personale e aumento dei prezzi a scapito ovviamente del venduto, aprendo un ombrello alla concorrenza. È chiaro un manager che guida un'azienda deve rispondere alla proprietà che pensa solo ai propri interessi. Una politica industriale estremamente miope, altro che rischio imprenditoriale. Lo so, non è semplice fare l'imprenditore, ma dal momento che è stata fatta questa scelta uno ha il sacrosanto dovere di pensare al benessere dei propri dipendenti e al futuro dell'azienda. Abbiamo visto nella fiction di Adriano Olivetti una sintesi di tutto quello che può accadere in un'impresa e non voglio ripetermi. Mi limito a dire che per fare l'imprenditore ci vuole molto coraggio e non basta sopravvivere, perché nel medio-lungo periodo si esce dal mercato. La politica e le banche hanno una grossa responsabilità, e devono essere in grado di fare delle scelte non solo economiche ma valutare con competenza le potenzialità dell'azienda. Avere solo il risultato economico a breve termine può essere un suicidio. Non mi inoltro negli altri aspetti in cui i manager o la proprietà fanno operazioni truffaldine a spese dei risparmiatori e della società. Verrà il momento in cui questi signori dovranno rendere conto del loro operato! 

mercoledì 30 ottobre 2013

ADRIANO OLIVETTI - UN UOMO DI VALORE

Dopo aver visto le due puntate sulla vita di Adriano Olivetti mi sono immediatamente venute alla mente alcune riflessioni. Il vizio degli americani di spiare chiunque per non essere mai secondi a nessuno, senza capire il valore intrinseco degli uomini anzi falsandolo a loro piacimento pensando di essere infallibili. Un uomo solo, per quanto valoroso, lungimirante e competente, immerso in una società malata ed egoista non può cambiare il mondo. Adriano Olivetti, durante la sua vita, ha lottato strenuamente contro la corruzione della politica e il malaffare imprenditoriale che ha sempre messo il valore economico al primo posto di ogni loro azione. Adriano Olivetti aveva capito che la risorsa più importante è l’uomo e per questo è stato combattuto dalle banche, dagli imprenditori e dalla politica. Nonostante questo ha vinto, dimostrando a tutti come si lotta per far vincere un sogno. Il mondo non è cambiato se non in peggio, ma Adriano per lo meno ci ha provato a migliorarlo nelle fabbriche e nei territori dove ha fatto nascere le sue produzioni e di questo dobbiamo ringraziarlo. Le bestie feroci che ci stanno intorno non essendo all’altezza di uomini come Adriano, purtroppo scomparsi dalla cosiddetta civiltà odierna, hanno scavato un solco profondo nella società che non sappiamo dove ci porterà. Ho ancora tante riflessioni da fare ma mi voglio fermare qui per il momento.

domenica 13 ottobre 2013

Riflessioni su un post di LinkedIn

Quando è nato il sindacato, per migliorare le condizioni lavorative e sociali  dei lavoratori, tutto il suo impegno era rivolto a questi unici obiettivi. Gli operai lo seguivano e tutti erano uniti. Quella forza straordinaria ha cambiato il mondo. Poi, come spesso succede, si perde di vista che il mondo evolve, che le esigenze dei lavoratori cambiano e allora gli interessi si spostano. Da molti, troppi anni, il sindacato ha perso di vista la realtà. Il potere, la carriera politica è il loro nuovo interesse. Non sono parole, sono fatti. I sindacalisti hanno occupato poltrone sempre più importanti e sarebbe ora che i lavoratori pretendessero un nuovo impegno da parte dei sindacati che non riescono più a fare il loro mestiere originario. Anzi si sono addirittura divisi per essere più legati ai singoli partiti d'appartenenza, indebolendosi. Le aziende l'hanno capito e affondano il coltello. Lo sciopero non è più uno strumento di lotta efficace, ha perso il suo smalto. La contrapposizione feroce ha ottenuto l'effetto contrario. Non so dire quali possano essere gli strumenti alternativi allo sciopero. Inoltre chi è giovane in cerca di un lavoro contro chi sciopera? Contro il sistema? Dovremo fare una rivoluzione? Forse, ma per favore non diamo a questo termine il significato violento che lo ha contraddistinto nei tempi. Ci vorrebbero scelte lungimiranti da parte della politica per convincere le aziende a cambiare musica, ma con questi uomini che abbiamo e con questi sindacalisti non si va da nessuna parte. Se potessi fare io un referendum chiederei che l'Italia venisse annessa a uno Stato estero più efficiente e mandare a casa tutti i politici italiani. Utopia! Forse. Ma se si pensa che ormai le aziende realizzano le loro produzioni all'estero e fuggono dall'Italia depauperando i loro concittadini e lavoratori, e che molte aziende decidono di trasferire i loro uffici direzionali all'estero mi sembra che questo processo sia già iniziato. Pensiamo a Fiat, Alitalia e potrei citarne tante altre. Noi ci terremo solo i politici ....... sai che conquista! E allora andiamocene anche noi. Certo, come ho già letto, non tutti hanno il coraggio o possono farlo. Gli sgravi fiscali alle aziende o gli incentivi non servono da soli a creare lavoro. Bisogna che le aziende e lo stato investano in ricerca e istruzione e destinino una quota importante del PIL a queste attività. Tutti lo sanno, tutti lo dicono, ma nessuno lo fa. Noi abbiamo solo armi spuntate ....... non serve più nemmeno il voto a cambiare le cose. Non c'è alternativa politica e anche se ci fosse un numero di giovani politici lungimiranti verrebbero fagocitati da tutti gli altri. Anche i politici a 65 anni dovrebbero andare in pensione, cioè uscire completamente e per sempre dalla scena politica, compresi gli interventi negli show televisivi. La mia è un'arringa contro tutto e contro tutti. Però continuo a lottare anche se è difficilissimo, a spronare i giovani a non desistere, a cercare forme diverse di lavoro al di fuori delle proprie competenze specifiche acquisite nei corsi di laurea. Credo che il mondo reale, indipendentemente da quelli che cercano consapevolmente o meno di detronizzarlo, troverà prima o poi un suo nuovo punto di equilibrio. Le aziende ad esempio se desiderano sopravvivere devono per forza trovare altri prodotti, altre innovazioni. Non possono pretendere di fare business con i prodotti attuali, la concorrenza estera li schiaccerebbe. Purtroppo alcuni giovani che da due o tre anni patiscono la disoccupazione saranno i più penalizzati (dai 29 anni ai 35) e altri meno giovani che hanno perso il lavoro mangeranno la polvere. Le soluzioni purtroppo le dovrebbero trovare i politici ....... sperando siano diversi da quelli che ci hanno portati a questo disastro. Noi possiamo solo sperare, continuare a studiare per mestieri alternativi anche più umili che oggi fanno chi viene a trovare una nuova vita dai paesi dell'est o dai paesi in guerra e ovviamente le lingue. Mandiamo in giro curricula meno specializzati, più generici, che aprano diversi orizzonti. Il vecchio adagio "impara l'arte e mettila da parte" è ancora valido. Alle aziende oggi interessano di più gli atteggiamenti positivi, concreti, aperti, rivolti a imparare, piuttosto che le competenze. Lo scollamento fra scuole, università e mondo del lavoro fa si che le aziende non si fidino dei voti di laurea. Ci sono solo poche eccezioni pilotate da referenze più o meno importanti. È difficile perfino fare uno stage. Ringraziamo le recenti riforme universitarie! Potrei continuare su questo tono ma preferisco non farlo.
Il consiglio che do a tutti i giovani che si trovano in questa terribile situazione è di non mollare, di metterci fantasia, di esplorare tutte le soluzioni, perché non posso credere che l'economia di questo paese non abbia uno scatto d'orgoglio. Quando a rimetterci saranno anche le banche le cose cominceranno a cambiare e non sarà per merito dei politici ma della concorrenza estera. Questo è il mio pensiero oggi, disposto a cambiarlo nel caso ci sia un'inversione di tendenza. I giovani devono farsi sentire con i mezzi leciti che hanno a disposizione. Il web è uno strumento potentissimo. Facciano conoscere le loro opinioni, senza legarsi a nessun partito che li userebbe come è successo nel 1968.