Sabato
29 novembre 2014 ho partecipato ad un evento promosso da Fioredentro
(http://www.fioredentro.com/), che ha avuto luogo presso la pasticceria
Durighello (http://www.durighello.com/) a Torino. Oltre alla musica suonata in
maniera magistrale da Gabriella Perugini (http://www.gabriellaperugini.it/) con
i suoi strumenti a corda (Liuto e Tiorba), ho ascoltato gli interventi dei due
relatori Marco Margrita e Marco Casazza su un tema estremamente interessante e
coinvolgente:
“La
realtà è diventata un problema?”
Ho
voluto recensire l’evento con parole mie, mettendo tra virgolette le frasi che
sono state citate dai due relatori, che sono stati molto bravi a esprimere, in
modo semplice, concetti molto complicati. Di per sé la realtà non dovrebbe
rappresentare un problema perché è quella che viviamo tutti i giorni; sono i
fatti quotidiani che accadono davanti ai nostri occhi che non si possono
interpretare; se un bambino ride non possiamo dire che pianga, se piove non
possiamo dire che c'è il sole. Ma se dobbiamo raccontarla a un'altra persona o
a più persone la realtà può essere descritta e comunicata in tanti modi
diversi. Possiamo, ad esempio, dire che il bambino ride ma subito dopo si è
messo a piangere per un episodio che è sfuggito alla nostra percezione.
Possiamo dire anche che quel giorno è piovuto per una parte della mattinata ma
che per tutto il resto della giornata è brillato il sole. In sostanza la realtà
va comunicata con tutte le condizioni al contorno. Ciascuno di noi può
raccontare la sua realtà, o se si preferisce la sua verità. Spesso trascurando
alcuni dettagli o negandoli si modifica la realtà dei fatti a proprio
piacimento. Questo è un esercizio sempre più diffuso ai giorni nostri quando si
vuole, attraverso il linguaggio e la comunicazione in genere, portare chi
ascolta a credere una cosa piuttosto che un'altra, convincendoli a condividere
una realtà mistificata. La cosa drammatica è che una persona che è stata
portata a credere a una "realtà" molto difficilmente cambierà idea,
anche se messa difronte all'evidenza dei fatti. È il caso in cui la
"realtà ci è stata imposta come uno schema, da annullare la nostra
capacità di osservare”. Questo è tipico
di chi è molto abile nella dialettica, nella capacità ipnotica dei mezzi di
comunicazione di cui la radio, ma soprattutto la televisione, sono maestre.
Abbiamo nella nostra storia degli esempi illuminanti. Solamente le persone
estremamente colte e riflessive, capaci di analisi critiche, non cadono in
questi che io definirei tranelli mediatici. La libertà consiste nel non
lasciarsi condizionare da realtà fittizie e nella capacità di cambiare visione
nel momento in cui uno si accorge che sta sbagliando. Quando una o più persone
si convincono che la "realtà imposta è la sola possibile si sfocia
nell'idolatria”. Una cosa che mi ha colpito particolarmente nella discussione è
stata la spiegazione secondo cui esiste
“una differenza sostanziale fra
ambiente e natura”. Non voglio ripetere quello che è stato espresso dal
relatore ma mi preme ribadire che concordo in pieno sul fatto che molti
confondono questi due aspetti, creando molto spesso danni irreparabili. La
scienza, alla quale è richiesto un esame super partes, “dovrebbe affermare un
concetto univoco”, senza divisioni interne, e solo dopo aver fatto tutte le
verifiche necessarie e provato la ripetitività di un fenomeno. Non è
accettabile, secondo me, che gli scienziati diano opinioni a volte contrastanti
su un evento. L'asservimento della scienza alla politica genera conflitti e
ritardi nelle scelte, spesso urgenti, che danneggiano il nostro pianeta. La
tendenza a monetizzare tutto, cultura compresa, è deprecabile. La risorsa
economica è solo un aspetto e viene sempre messa in primo piano rispetto alla
risorsa umana. Queste sono alcune riflessioni, molto sintetiche, che ho voluto
fare, soprattutto per non dimenticarmi delle cose interessanti discusse, ma
anche perché molti altri abbiano l’opportunità di conoscerle, condividendole o
criticandole.