giovedì 26 aprile 2012

Viaggio a Capo Nord

Un po' di tempo fa avevo inviato questo mio scritto, stimolato da un'iniziativa de La Stampa che raccoglieva racconti d'estate vissuti dai lettori. Questo mio racconto forse non è piaciuto, forse non l'hanno nemmeno letto, forse ce n'erano di migliori. Adesso lo ripropongo integro sul mio Blog, sperando possa piacere. Fatemelo sapere.


"L’orologio segnava le due del mattino. Io e mia moglie passeggiavamo ancora silenziosi in prossimità del monumento al Globo terrestre, simbolo della parte più settentrionale d’Europa a Capo Nord. Il sole era già risalito di un buon tratto sulla linea dell’orizzonte. Era fine giugno e avevamo aspettato, insieme a una moltitudine di gente chiassosa, la mezzanotte, per osservare il sole accucciarsi appena sul mare, senza tramontare, per poi alzarsi di nuovo lentamente. La giornata era stupenda. Avevamo avuto fortuna. La scia infuocata che tagliava in due il mare assumeva colori sempre diversi, sfiorando la magia: nemmeno le foto o i filmati rendono giustizia a questo miracolo della natura. A mezzanotte e mezza il piazzale del parcheggio era di nuovo vuoto. I visitatori erano già andati via, paghi dello spettacolo appena visto. Noi eravamo rimasti, insieme a altre due famiglie, per goderci in santa pace la natura incontaminata e generosa, con lo stupore di quell’atmosfera surreale ancora stampato sul volto, godendoci finalmente un silenzio ristoratore. Sembrava di essere soli al mondo, accarezzati da un vento per nulla fastidioso, l’unica fonte sonora che somigliava a un canto celestiale. In piedi sul bordo della roccia a strapiombo sul mare, insieme a un po’ di vertigine, mi sentivo immensamente piccolo. Qua e là, in alcuni avvallamenti del terreno, in ombra, si potevano osservare mucchi di neve, caduta solo una decina di giorni prima del nostro arrivo. Tornando a Hammerfest, dove alloggiavamo, avevamo incontrato un gruppo di ciclisti che percorrevano la strada in senso opposto. Non avevamo sonno, pur essendo stanchi del viaggio; non volevamo perderci nemmeno un istante di quello spettacolo che cambiava a ogni curva. Un vero peccato mettersi a dormire. Due giorni prima a Tromsø, mentre guidavo alla ricerca del nostro albergo, dietro una curva, tre renne ci sbarravano la strada. Era la prima volta che le vedevo e la tentazione di riprenderle fu irresistibile. Fermai la macchina sul ciglio della strada e mi precipitai più avanti per girare il filmino. Ero emozionato come un bambino che aspetta Babbo Natale e pensavo che, se avessi perso quella opportunità, non avrei più avuto altre occasioni di rivederle. Cenammo a lume di candela in un piccolo ma accogliente ristorante e tornammo in albergo. La gentilezza dei nativi ci lasciava favorevolmente impressionati. La mattina dopo mi svegliai prestissimo. La luce già filtrava indiscreta dalla finestra, superando la barriera delle tendine oscuranti. Con cautela, per non svegliare mia moglie, spalancai la portafinestra e uscii sul balconcino per riempirmi gli occhi con l’incommensurabile bellezza della vista sul mare. Ero così preso da quel panorama che solo quando decisi di rientrare il mio sguardo cadde sulla zona verde, proprio sotto il balconcino: lì riposavano le tre renne della sera prima con i loro cuccioli, un quadretto familiare delizioso. Avevano dormito insieme a noi. A quel punto svegliai mia moglie: non era possibile che si perdesse quella scenetta. Proseguimmo il viaggio con l’auto presa a noleggio all’aeroporto di Bodø e sostammo per un giorno intero ad Alta, per visitare i graffiti rupestri, le cui incisioni più antiche risalgono al 4200 a.c. Poco distante di lì, c’era un altro museo molto particolare, all’interno di un campo Sami, dove erano esposti i particolari evolutivi di questo popolo. Una visita guidata interessantissima che terminò sorseggiando un caffè preparato alla maniera antica e gustando dolcetti caratteristici artigianali. Restammo lì a parlare e a mangiare con loro per quasi un’ora, accanto al fuoco di bivacco sotto l’enorme tenda, simile a quella dei pellirossa. Mai come in questa vacanza il tempo sembrava essersi fermato. La Norvegia ci è rimasta nel cuore e nella mente, per non dire nel sangue. Nel porto di Oslo siamo saliti su un veliero vichingo per osservare dal mare i fiordi limitrofi gustando gamberetti appena pescati. Durante il tragitto, eravamo costantemente accompagnati dai gabbiani. Volteggiavano numerosi sopra le nostre teste, in attesa di un po’ di cibo. C’era anche chi non se la sentiva di aspettare e veniva direttamente a prenderselo sulla nave. Non c’era mai capitato di vedere gli uccellini avvicinarsi così tanto all’uomo da mangiare sul palmo della mano, alla stregua dei piccioni. Si vede che capiscono di essere amati dagli abitanti e non hanno paura. Tornare, è la parola d’ordine. La promessa che abbiamo fatto è di continuare a visitare altri luoghi di questa terra straordinaria alla prima occasione. Ricordo che all’interno di un museo assistemmo alla proiezione di un filmato ripreso da un aereo a bassa quota. Illustrava e commentava tutti i paesi del litorale norvegese. Ci ritrovammo entrambi con gli occhi lucidi di pianto dalla commozione alla fine del documentario. La vacanza era finita, le balene delle isole Lofoten le avremmo viste un’altra volta. Una vacanza da sogno. Norvegia aspettaci!"